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viernes, 18 de noviembre de 2016

IL PARADISO SUMERO






  ANA MARIA SEGHESSO

 

 





 

L. Cranach el Viejo, S.XVI, 


 

   Gli scavi eseguiti nel Medio Oriente per studiosi occidentali, hanno portato alla luce, nel secolo XIX, migliaia di tavolette di terracotta, nella Biblioteca di Assurbanipal. Scritte in cuneiforme, la scrittura più antica conosciuta, il ritrovamento  aumentò notevolmente le frontiere dell’Antichità. 

 



 

DÈI   SUMERI



«A Sumer, un buon millennio prima che gli ebrei componessero i primi libri della Bibbia e i greci l’Iliade e l’Odissea, troviamo già tutta una fiorente letteratura comprendente miti ed epopee, inni e lamentazioni, e numerose raccolte di proverbi, favole e saggi. Non è affatto utopistico predire che il recupero e la ricostruzione di questa antica letteratura per tanto tempo rimasta nell’oblio si riveleranno come uno dei maggiori contributi del nostro secolo alla conoscenza dei primordi della storia».  (1)






«E appassionante, per il decifratore di tavolette, per il traduttore di testi cuneiformi, seguire il cammino delle idee e delle opere attraverso queste antiche civiltà, dai Sumeri ai Babilonesi e agli Assiri, agli Ittiti, agli Urriti e agli Aramei. 


I Sumeri  non esercitarono ovviamente un’influenza diretta sugli Ebrei, essendo scomparsi assai prima dell’apparire di questi ultimi. Ma non c’è il minimo dubbio che essi abbiano influenzato in profondità i Cananei, predecessori degli Ebrei in Palestina. 

Così si spiegano le numerose analogie rilevate tra i testi sumerici e i libri della Bibbia. Queste analogie non sono isolate; esse figurano sovente “in serie”, si tratta dunque di un vero parallelismo».


Le acque primigenie, la separazione del Cielo e della Terra, l’argilla con cui fu plasmata la creatura umana, le leggi morali e civili, il quadro della sofferenza e della rassegnazione dell’uomo,

sono argomenti fronteggiati per la prima volta dai Sumeri, annunciando i contenuti fondamentali delle religioni posteriori, siano politeiste o monoteiste.










Ninhursag

 


Il poema mitico di Sumer intitolato  


“Enki e Ninhursag”


parla del Paradiso che crearono gli dei sulla terra di Dilmun.






Esiste, dice il poema, una regione chiamata Dilmun; è un paese puro, netto e risplendente, dove non regna né la malattia né la morte. Ciò nonostante qualcosa manca a Dilmun: l’acqua dolce, indispensabili agli animali e alle piante.

Enki, il dio sumerico dell’acqua, e anche della saggezza, ordina a Utu, il dio del Sole, di farla scaturire e di irrigarne abbondantemente il suolo.



Dilmun diventa uno splendido giardino.




La Gran dea Madre, Ninhursag dei Sumeri, ha fatto spuntare otto piante in questo paradiso degli dei, dopo aver generato la divinità dell’acqua fluente e tre generazioni di dee.



Il poema mette in risalto il fatto, che i parti della dea furono indolori.



Enki, curioso di conoscere il sapore delle piante, 
o magari desideroso di possedere la fertilità femminile - le fa raccogliere dal suo messaggero Isimud, e dopo le mangia una dopo l’altra.





Ninhursag in preda alla collera per essere stata disobbedita, lo maledice e lo vota alla morte. Poi, per essere sicura di non lasciarsi commuovere e di non tornare sulla propria decisione, lascia il cielo e scompare.




Chiaramente Ninhursag possiede un potere maggiore di Enki e lo adopera.




 Ninhursag - Enki

 

La salute de Enki, comincia a deperire; otto parti del suo corpo sono colpite da malattia. 

Enlil, dio dell’aria e principale divinità maschile dei Sumeri, sembra anche lui incapace di far fronte alla situazione.






A questo punto interviene, non si sa perché, un nuovo personaggio: la volpe. Questa dichiara a Enlil, che dietro un ragionevole compenso, ricondurrà indietro Ninhursag. Enlil accetta. 

Non si sa come la volpe faccia per raggiungere il suo scopo, data la lacuna del testo, ma la dea ritorna tra gli dei.





Al suo arrivo Enki è al culmine del male. La dea Ninhursag lo fa sedere accanto a sé e gli chiede quale parte del corpo lo fa soffrire. Enki glielo indica a una a una e Ninhursag crea otto divinità per guarire le otto malattie.





Questo è il mito sumerico.(1)



Le somiglianze col testo biblico, scritto mille anni dopo

 

Adamo ed Eva

 

 Masaccio

 

 Il fiume del Paradiso




La Bibbia dice che Jahvé sistema un giardino in Eden, dal lato dell’Oriente 







“un fiume usciva da Eden per irrigare il giardino, e di là si divideva en quattro rami…”



Genesi, II 10-14








La colpa, commessa da Enki col rubare le otto piante di Ninhursag, fa pensare al peccato di cui si macchiano Adamo ed Eva, mangiando il frutto dell’albero della scienza.










La maledizione contro Eva,






 “Allora il Signore Dio disse alla donna,

Moltiplicherò i tuoi dolori e le tue gravidanze, con dolore partorirai figli …”



Si evidenzia uno stadio inferiore a quello descritto nel testo sumerico, quando la donna partoriva senza soffrire



All’uomo disse

…“Maledetto sia il suolo per causa tua!

Con dolore ne trarrai il cibo, per tutti i giorni della tua vita…”.


 Genesi, III,16, 17 (2)






MICHELANGELO  BUONARROTI



   

Le differenze con il Mito sumerico




- La dea pagana si commuove con Enki, non permette la sua morte.



- Non maledice al genere umano.






***





La mentalità odierna è troppo distante dall’impostazione antica.


Si è ancora lontani da un comune consenso nel valutare i codici di convivenza creati dalla cultura pagana, fondamenti della religione antica.








 








(1) Sumeri. Samuel N. Kramer. Grandi tascabili Economici Newton, 1997.


(2) La Bibbia di Gerusalemme. Edizione Dehoniane Bologna, ottobre 2005.